Anni Settanta: la musica e la politica, il singolare e il collettivo, il sesso, la coppia, aperta / apertissima / quasi sfatta, l'on the road praticato o immaginato, i concerti, il fumo, i jeans a tubo e quelli a campana, la psichedelia, l'antipsichiatria, la California, i miti e i riti, il lirico e l'epico, l'ironia, il quotidiano, i giochi, le credenze e le speranze, il prima e il dopo, il quartiere e l'oratorio, la piazza e i bar.. Cos'è che si ferma nel tempo?

martedì 8 marzo 2011


23 gennaio

Quando Rudi scrisse 23 Gennaio non aveva neppure vent’anni, io avevo qualche anno di più.
Roberto Franceschi, Franco Serantini, Giannino Zibecchi, Francesco Lorusso e tutti gli altri giovani compagni che caddero in quegli anni per mano di un potere cinico, violento e impaurito avevano più o meno la nostra età. Se fossero vissuti adesso sarebbero uomini di mezza età, incanutiti, magari ingrassati, con figli e forse anche nipoti, con alle spalle una vita di lavoro, di lotte, di amori, di affetti. Sono rimasti invece giovani per sempre, fissati una volta per tutte nell’attimo tremendo della morte e la nostra generazione ha avuto in sorte la terribile responsabilità di vivere anche la loro vita, di provare a inverare anche i loro sogni, che d’altra parte erano i nostri stessi sogni.
Molti di noi hanno continuato a farlo militando in una o l’altra delle organizzazioni della sinistra, altri hanno scelto, come si diceva allora, di “sciogliersi” nel movimento, ma per tutti e per ciascuno si trattava di dare testimonianza di quei valori, di quegli ideali di libertà, eguaglianza e solidarietà che ci avevano portato nelle piazze e nelle strade a gridare i nostri dubbi e le nostre verità, dal Sessantotto in poi.
Una volta sembrava così importante la differenza tra militare in Avanguardia Operaia, in Lotta Continua, nel Movimento Studentesco o semplicemente, da “cani sciolti”, nel movimento.
Oggi possiamo dire che l’unica differenza reale, pesante che consideriamo è quella tra chi, ognuno con il suo personale percorso, ha vissuto una vita fedele ai valori che avevano ispirato quelle scelte e quegli anni, “gli anni migliori della nostra vita” ho già scritto altrove, e chi invece quei valori ha dimenticato, riposto nell’armadio come capi fuori moda o peggio ancora consapevolmente abbandonato per saltare prima o poi sul l’osceno carro dei vincitori.
Noi, Rudi, io e tutti i nostri amici e compagni, del Collettivo Franceschi e quelli che abbiamo incontrato successivamente nel nostro percorso, non abbiamo molto da rivendicare se non questo: abbiamo continuato a vivere, a scegliere, a volte a sbagliare ma sempre avendo ben chiaro che siamo diventati quelli che siamo ora grazie a quello che siamo stati allora, e i valori e gli ideali che ci guidano continuano a essere, e non potrebbe essere altrimenti, quelli che abbiamo imparato tra le fila del movimento.
Assieme, idealmente, a Roberto, a Franco, a Giannino, a Francesco…

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